L’articolo 20 del decreto Energia dichiara aeroporti, poligoni, caserme e superfici del demanio militare aree idonee per impianti di energia pulita. Un’occasione per recuperare spazi spesso dismessi

Persano è una frazione del comune di Serre, in provincia di Salerno. Un minuscolo puntino rosso sulla mappa della Campania conosciuto, anche oltre i confini regionali, per almeno due ragioni. La prima è la presenza, nella parte alta della Piana del Sele che lo attraversa, di un’oasi del Wwf popolata da lontre, mammiferi a rischio in Italia. La seconda è che poco distante da lì, a nemmeno dieci minuti d’auto, si trova un’area militare, il Comando comprensorio della Brigata bersaglieri “Garibaldi”. La notizia è che in questa base presto potrebbe spuntare una nuova schiera di pannelli fotovoltaici. Il sito è infatti tra quelli selezionati dal ministero della Difesa, tramite la sua società in house Difesa Servizi Spa e la task force Valorizzazioni immobili, energia e ambiente del dicastero, per la realizzazione ex novo o l’implementazione di impianti solari su immobili e superfici del demanio militare. Un’iniziativa in linea con quanto previsto dal decreto Energia del primo marzo (n. 17), varato dal governo in risposta alla crisi energetica deflagrata con l’invasione russa dell’Ucraina. Dell’elenco fa parte anche il Centro di sperimentazione supporto navale della Marina Militare di La Spezia.

Ostacoli ridotti

Gli interventi, pianificati nell’ambito della Strategia energetica della Difesa, puntano ad alzare l’asticella dell’efficientamento energetico del vasto patrimonio immobiliare di competenza del dicastero. Ad oggi sono 415.000 i metri quadri di coperture fotovoltaiche installati da Difesa Servizi Spa sugli edifici militari, 940.000 quelli sui terreni, per una potenza complessiva di circa 70 MW. In base all’articolo 20 del decreto Energia, la Difesa potrà affidare a terzi i beni del demanio militare “per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili”, ricorrendo anche alle risorse del Pnrr. Oltre a quest’ultima, vi sono altre due importanti novità. Nel suo ultimo comma, lo stesso articolo 20 attribuisce ai beni militari la qualifica di “superfici e aree idonee” ai sensi del decreto legislativo 199/2021 (sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili). Così si potranno bypassare le normative regionali in materia, che finora in Italia hanno rappresentato il principale ostacolo per la realizzazione di impianti di grandi dimensioni, bloccati o a causa del loro presunto impatto paesaggistico, oppure perché andavano a sottrarre terreni agli usi agricoli. Inoltre, è previsto che l’energia prodotta dagli impianti potrà fare da base per la costituzione e la successiva autoalimentazione di comunità energetiche rinnovabili.

In Europa la conversione rinnovabile di aree militari dismesse è una pratica molto più diffusa che in Italia

Luca Andreoli, direttore generale di Difesa Servizi Spa, spiega a Nuova Ecologia che la finestra con affaccio sulle rinnovabili creata dall’articolo 20 del decreto è il risultato della quadra trovata dai ministeri della Transizione ecologica e della Difesa, che insieme hanno individuato nella grande disponibilità immobiliare delle forze armate una possibilità di sviluppo rapido della capacità produttiva energetica nazionale da fonti alternative. «Questo passaggio testimonia il contributo forte che la Difesa intende fornire per la conversione energetica del Paese − sottolinea Luca Andreoli – Difesa Servizi Spa, insieme alle forze armate e alla task force Energia, si è messa subito all’opera per individuare e rastrellare gli spazi disponibili, sia a terra che sui tetti, dove realizzare impianti destinati tanto per l’autoconsumo quanto per la produzione di nuova energia da reimmettere in circolo». I filoni che Difesa Servizi Spa seguirà in questo censimento, e nella successiva pianificazione degli interventi, saranno due. «È al vaglio la possibilità di usare fondi del Pnrr − prosegue Andreoli − In parallelo, attraverso Difesa Servizi Spa, attiveremo meccanismi che possano incentivare il coinvolgimento dell’imprenditoria privata. Lavorare con la Difesa comporta una maggiore semplificazione. Non in termini di autorizzazioni, perché tutto avviene nel rispetto della normativa ambientale, ma perché si ha un unico interlocutore centrale e c’è la garanzia che gli impianti installati non saranno soggetti a furti o atti di vandalismo trovandosi all’interno di aree sorvegliate». Il core del programma continuerà a essere il solare. Grandi impianti fotovoltaici potranno essere realizzati sulle aree a terra, e dunque in superfici non edificate o dismesse di aeroporti militari, grandi basi militari e poligoni. File di pannelli verranno installate sui tetti di caserme, hangar, capannoni e di altri edifici. Il tutto, sottolinea Andreoli, «in aree che sono di uso esclusivo della Difesa», dunque «senza andare a sottrarre aree ad altri usi come l’agricoltura». E senza che vi siano allargamenti di perimetri militari in aree naturali. Come è accaduto alle porte di Pisa, dove nel Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli, tramite un decreto del presidente del Consiglio e con fondi del Pnrr, verrà realizzata una cittadella militare per ospitare i reparti dell’Arma dei Carabinieri del Gis (Gruppo intervento speciale), dei gruppi cinofili e dei paracadutisti del Tuscania.

Proposte al palo

In una fase convulsa come quella attuale, in cui la corsa al riarmo trova giustificazione formale nelle tensioni innescate dal conflitto in Ucraina, l’auspicio è che il passaggio normativo contenuto nel decreto Energia consenta di sbloccare proposte costrette al palo da tempo. Come quella di Legambiente Lazio e del circolo di Frosinone “Il Cigno”, che premono per realizzare un grande parco fotovoltaico nell’area dell’aeroporto militare “G. Moscardini” della città laziale in vista del trasferimento del 72esimo stormo dell’Aeronautica Militare e della scuola di volo elicotteristica. «La nostra proposta − spiega Stefano Ceccarelli, presidente del circolo di Legambiente − è che i 90 ettari di pista, destinati a essere dismessi dal 2025, vengano utilizzati per realizzare un grande impianto fotovoltaico. Vorremmo anche che i fabbricati a uso militare che si trovano nell’area vengano usati per creare un polo didattico e di ricerca sulle rinnovabili, come se fosse un museo dell’energia. Infine, con il coinvolgimento della Difesa, degli enti locali e dei privati che realizzeranno gli impianti, sarebbe auspicabile la nascita di comunità energetiche nei territori interessati». A Piacenza sempre Legambiente ha elaborato nel 2018 un progetto di riuso dell’area dell’aeroporto di San Damiano, di proprietà del demanio militare. Qui l’associazione propone di realizzare un parco tematico solare con al suo interno un impianto fotovoltaico di 50-55 Mwp, laboratori e sale per tenere lezioni e convegni sulle rinnovabili. Il ministero della Difesa ha però glissato sulla proposta, mantenendo di fatto l’uso militare dell’area. In Europa, la conversione rinnovabile di aree militari dismesse è una pratica molto più diffusa che in Italia. In testa c’è la Germania, dove a metà febbraio nell’ex base Nato di Xanten è stato completato un grande parco solare: 10mila moduli fotovoltaici, che generano circa 4,4 kWh di elettricità verde per la regione del Basso Reno, sorgono dove fino al 1989 erano schierate batterie di missili anti-aerei dotati di testate nucleari. Ora che tra le maglie del decreto Energia si è aperto un corridoio per efficientare sul piano energetico immobili e terreni del demanio militare, le rinnovabili potranno andare a valicare spazi fino a ieri impenetrabili. E la Difesa potrà contribuire a tutelare un interesse nazionale, quello energetico.

Incontro Aree militari energia rinnovabile

Il 28 aprile, a Frosinone, all’Auditorium Diocesano San Paolo, il Circolo Il CIgno di Legambiente Frosinone organizza l’incontro “Oggi militare Domani solare” sulla riconversione dell’aereoporto militare di Frosinone in parco fotovoltaico.

 

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Rocco Bellantone