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La Commissione europea propone un’azione congiunta per ridurre l’uso di gas russo e contrastare la povertà energetica. Raggiungere obiettivi ambiziosi è possibile 

L’orribile tragedia dell’invasione russa dell’Ucraina avrà profonde conseguenze sul processo di costruzione della casa comune europea. Con cambiamenti epocali. A partire dalla sicurezza energetica dell’Europa. Questa guerra ha evidenziato il fallimento del modello energetico fondato sulla dipendenza dal gas russo come fonte energetica di transizione verso la neutralità carbonica. Per garantire la nostra sicurezza energetica dobbiamo liberarci velocemente dalla dipendenza dalle fossili, accelerando la transizione verso un Europa a zero emissioni ben prima del 2050. Solo così sarà possibile vincere la sfida della duplice crisi, energetica e climatica. Crisi che vanno affrontate insieme e in sinergia con politiche e investimenti che puntino su efficienza e rinnovabili. È possibile e conviene sempre più economicamente visti gli altissimi prezzi dei combustibili fossili e la loro volatilità. Soprattutto per il settore elettrico, che secondo l’Agenzia Internazionale dell’energia (Iea), nelle economie avanzate come quella europea, deve essere a zero emissioni nette già nel 2035 per poter raggiungere la neutralità carbonica a livello globale entro il 2050. E poter così contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C.  

Questa guerra ha evidenziato il fallimento del modello energetico fondato sulla dipendenza dal gas russo come fonte energetica di transizione verso la neutralità carbonica

REPowerEU è un primo passo in questa direzione. Si tratta della proposta della Commissione di un’azione congiunta per un’energia più sicura e a prezzi più accessibili. L’obiettivo è ridurre di due terzi la domanda di gas russo entro la fine dell’anno e contrastare la povertà energetica. Già prima dell’invasione russa dell’Ucraina, l’aumento del costo dell’energia aveva spinto verso la soglia della povertà energetica ben 80 milioni di cittadini europei. REPowerEU si basa due pilastri: diversificare l’approvvigionamento di gas, grazie a importazioni da fornitori non russi; e ridurre rapidamente l’uso dei fossili nell’edilizia, nell’industria e nel sistema energetico grazie a miglioramenti dell’efficienza (un aumento di un punto percentuale consente una riduzione del 2,6% delle importazioni di gas fossile), all’aumento delle rinnovabili e all’elettrificazione.

La Commissione stima che la piena attuazione del nuovo pacchetto legislativo clima-energia (Fit for 55), attualmente in discussione in discussione in Consiglio e Parlamento, ridurrebbe il nostro consumo annuo di gas fossile del 30%, l’equivalente di 100 miliardi di metri cubi, entro il 2030. Con le misure aggiuntive previste da REPowerEU  si potrebbe eliminare gradualmente l’utilizzo di almeno 155 miliardi di metri cubi, equivalenti al volume importato dalla Russia nel 2021. Il Consiglio Europeo straordinario, riunitosi a Versailles lo scorso 11 marzo, ha invitato la Commissione a tradurre questa proposta in un piano d’azione dettagliato entro maggio. Il piano, per garantire veramente la sicurezza energetica e affrontare adeguatamente l’emergenza climatica, deve andare oltre la diversificazione di approvvigionamento del gas fossile. Serve programmare da subito il phasing-out del gas e degli altri combustibili fossili.  

Prima del conflitto, l’aumento del costo dell’energia aveva già spinto verso la soglia della povertà energetica 80 milioni di cittadini europei

Un contributo importante può e deve venire dal nuovo pacchetto legislativo clima-energia che deve fissare target più alti di quelli proposti riducendo le emissioni di almeno il 65% entro il 2030. Obiettivo ambizioso, ma possibile con il 50% di rinnovabili ed il 45% di efficienza energetica entro il 2030. Obiettivi che combinati con il phasing-out del carbone entro il 2030 e del gas fossile entro il 2035, insieme al phasing-out della vendita di veicoli con motori a combustione interna entro il 2035, possono consentire all’Europa di raggiungere la neutralità climatica ben prima del 2050. E risparmiare 10 mila miliardi di euro già entro il 2030. Secondo uno studio dell’Università di Berlino e dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw), infatti, il taglio del 65% delle emissioni climalteranti è tecnologicamente possibile e può far risparmiare da qui al 2030 ben 10 mila miliardi di euro in importazioni di combustibili fossili e in danni ambientali e climatici evitati. Oltre a ridurre considerevolmente la bolletta energetica di famiglie e imprese. Un’opportunità che non si può e deve perdere. Soprattutto per costruire un progetto di pace in Europa.

Un regolamento per batterie a basso impatto

Per ridurre gli impatti ambientali e sociali delle batterie, fondamentali nell’integrazione delle rinnovabili e nella decarbonizzazione dei trasporti, la Commissione europea a dicembre 2020 ha presentato una proposta di Regolamento in materia che mira a promuoverne un’economia circolare. La proposta delinea specifici parametri di removibilità e sostituzione di batterie portatili, per facilitare la riparazione, il riutilizzo e il riciclaggio. Più di 40 ong, fra le quali Legambiente, chiedono alle istituzioni europee di attuare misure più ambiziose per rendere le batterie durevoli, riparabili e riciclabili, in particolare garantendo: approvvigionamento sostenibile e due diligence, eliminazione graduale di quelle monouso, sostituibilità e riparabilità, elevati tassi di raccolta e riciclaggio, obiettivi di contenuto riciclato più elevato nel 2030, entrata in vigore tempestiva dei requisiti. Il Regolamento, sul quale hanno già votato Europarlamento e Consiglio europeo, sarà adottato entro la fine del 2022 ed è strettamente connesso al Green deal, al Piano d’azione per l’economia circolare e alla Nuova strategia.

 

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Mauro Albrizio