Westmill Solar Oxfordshire

Dal mensile – Da quando nel 1975 i cittadini di Tvind, in Danimarca, si autocostruirono una pala eolica, le comunità energetiche si sono diffuse molti Paesi. E ovunque hanno prodotto anche progressi sociali 

Comunità energetiche. Una realtà nuova per l’Italia, ma non per il resto del Pianeta. All’estero, infatti, il mettersi assieme e produrre energia rinnovabile è un fatto consolidato, al punto che alcune comunità energetiche stanno diventando dei laboratori dove si fa vera innovazione sul fronte della gestione sociale e tecnologica dell’energia, molto più avanzata di ciò che fanno le utilities. La prima tappa del nostro viaggio nell’innovazione delle comunità energetiche parte dal Regno Unito dove l’energia in comune – e la lotta alla povertà energetica – sono ormai esperienze consolidate. Nel governo di Sua Maestà, infatti, sono attive 424 comunità energetiche per 319 MW installati, che hanno raccolto fondi per 38,3 milioni di euro e prodotto risparmi in bolletta per 3,47 milioni. E si tratta spesso di veri e propri laboratori, come la comunità delle isole Scilly che ha fatto dell’energia un punto cardine del proprio percorso verso l’impatto zero. «Puntiamo anche sull’energia marina per diventare autosufficienti − afferma Jim Wrigley di Isles community venture, la no profit che gestisce i progetti nell’arcipelago − Il problema è che su queste rinnovabili abbiamo pochi dati per gli sviluppatori». E in soccorso a ciò è arrivato il programma “Marine-i” che sta raccogliendo i dati sulle maree, il moto ondoso e l’eolico off shore. Anche perché gli obiettivi dell’arcipelago, che ha 2.200 residenti, 100mila d’estate, sono ambiziosi: riduzione delle bollette del 40%; rinnovabili al 40%; veicoli elettrici al 40%. Il tutto al 2025 per diventare una destinazione privilegiata del turismo sostenibile.

Nel Regno Unito sono attive 424 comunità energetiche per 319 MW installati, che hanno raccolto fondi per 38,3 milioni di euro e prodotto risparmi in bolletta per 3,47 milioni

Non solo energia

Anche le città nel Regno Unito si stanno muovendo sul fotovoltaico, sull’efficienza energetica, sull’accumulo, pompe di calore e mobilità sostenibile. A Londra sono decine le comunità energetiche. Si va da quella di North Kensintong, che installa impianti fotovoltaici su scuole ed edifici pubblici, alla comunità degli Energy Garden che ha messo in funzione il fotovoltaico nei giardini a ridosso delle stazioni della metropolitana, unendo energia rinnovabile a manutenzione e decoro urbano. Realtà marginali? Giudicate voi. Il 17 novembre 2017 Energy Garden ha lanciato una richiesta di azionariato popolare per l’installazione di 231 kWp fotovoltaici sul tetto del deposito ferroviario di Streatham. Il found raising si è concluso lo scorso 22 dicembre raggiungendo il 115% dell’obiettivo: 192.000 euro. I proventi del fotovoltaico saranno usati per incrementare l’attività degli Energy Garden tra i quali c’è l’orticoltura, la tutela della biodiversità, l’educazione ambientale e, cosa non banale, un ritorno dell’investimento del 4% annuo. E sempre a Londra troviamo anche una comunità energetica che non produce energia ma offre alle persone consulenze per risparmiare sulla bolletta. Crew Energy nei propri “Energy cafè” offre “conoscenza energetica” ai cittadini. Gratis. Unica condizione presentarsi con la propria bolletta, anche senza appuntamento. Caffè e fetta di torta li offre Crew Energy. E con la sola efficienza energetica comportamentale, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) si può risparmiare l’8%.

Pala eolica Tvind, Danimarca
Una pala eolica Tvind. La prima realizzata nel 1975 è divenuta lo standard dell’industria danese dell’eolico

Oltre il passaparola le comunità energetiche sono un presidio di tecnologie innovative, come la Basett-avocado advanced energy community (Baaec) di Los Angeles. Questa comunità energetica che coinvolge 28mila cittadini, infatti, è tra quelle che ha ricevuto i finanziamenti da parte della California energy commission per l’applicazione delle tecnologie innovative a supporto delle persone svantaggiate. La Baaec ha messo in piedi il programma “People first”, che punta alla decarbonizzazione grazie a sistemi solari con accumulo intelligente, un hub di resilienza che consente di fornire energia rinnovabile alla comunità durante i picchi di carico o i black out, una rete di prosumer, fotovoltaici con accumulo, aggregati in una centrale elettrica virtuale gestita dalla blockchain. E non solo: sono state create una rete di mobilità vanpool con veicoli elettrici e supportata da una rete di ricarica veloce, una serie di sensori per interni ed esterni basati sull’internet of the things per monitorare l’inquinamento della zona e quello provocato dai veicoli fossili ancora operativi e il monitoraggio in tempo reale del tasso di decarbonizzazione di tutta la comunità. La Baaec, infatti, nasce non solo sull’energia rinnovabile e l’efficienza, ma anche per contenere l’inquinamento nei quartieri di Basett e Avocado situati tra tre autostrade, un impianto di riciclo delle batterie e una discarica. «La Baaec vuole integrare tecnica e sociale − afferma Genaro Bugarin di The energy coalition − Ma gli ostacoli ci sono e questioni quali l’accesso ai dati di consumo o gli obblighi verso le utilities degli utenti a basso reddito rischiano di frenare i processi delle comunità energetiche». Un denominatore comune alla grande maggioranza di queste comunità è l’attenzione all’aspetto sociale, senza il quale non sono più comunità ma un semplice agglomerato d’individui.

Nel 1975 a Tvind, in Danimarca, un’intera comunità decise di autocostruire una pala eolica da 2 MW che per molti anni fu la più potente del mondo e che ancora oggi, con sole due revisioni, genera energia pulita

Vento in comune

Immaginate un gruppo di cittadini che per contestare la scelta nucleare del proprio Paese si attiva e “inventa” una fonte rinnovabile: l’eolico. Non è un romanzo distopico, ma ciò che è successo nel 1975 a Tvind, in Danimarca, dove un’intera comunità decise di autocostruire una pala eolica da 2 MW che per molti anni fu la più potente del mondo e che ancora oggi, con sole due revisioni, genera energia pulita. Erano pionieri, i cittadini che si riunivano nella piccola scuola di Tvind proprio a pochi metri dal cantiere della pala eolica, ma erano anche pragmatici. Sapendo d’essere in un territorio di frontiera, avevano realizzato un modello in scala da 18 kW della pala più grande sul quale avevano sperimentato soluzioni innovative. Nacque proprio qui il nuovo design delle pale che divenne lo standard vincente per l’industria danese dell’eolico. E per scelta i cittadini fecero propri i concetti del movimento cooperativo danese che alla fine dell’Ottocento, con l’approvazione della prima legge sui brevetti nel 1895, si assicurò che le tecnologie agricole non potessero essere brevettate. E così a Tvind hanno ceduto le tecnologie eoliche messe a punto a titolo gratuito. Perché l’energia del vento è un bene comune.

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L’articolo Le comunità energetiche nel mondo proviene da La Nuova Ecologia.

Sergio Ferraris