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Dal mensile – L’aumento del prezzo delle materie prime per l’energia anima il dibattito sui presunti costi della transizione ecologica. Ma sulle bollette gravano ancora i sussidi alle industrie energivore. E l’eredità del nucleare

Cosa c’entra la transizione ecologica con il rincaro delle bollette di luce e gas in Italia? Nulla. Eppure nelle ultime settimane le due cose sono state maldestramente mescolate, generando un vortice di dubbi sul perché di un nuovo aumento dei prezzi, che saranno fino al 40% per l’elettricità già a partire dall’ultimo trimestre di quest’anno, come anticipato a metà settembre dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. “Ci credo eccome alla transizione ecologica, ma non può essere fatta a spese delle categorie vulnerabili”, ha sottolineato il ministro il 13 settembre a Genova, in un convegno organizzato da Cgil Liguria, lasciando intendere che la svolta green a cui l’Europa ha chiamato l’Italia e gli altri Stati membri con il lancio del Next generation Eu avrà dei costi, che inevitabilmente peseranno sulle tasche degli italiani.

Le cose non stanno però così. Se le spese che sosteniamo per alimentare le nostre case stanno schizzando alle stelle, non è dovuto affatto alla conversione ecologica con cui ci apprestiamo a rimodulare le scelte economiche del Paese e i suoi processi produttivi puntando sulle rinnovabili, bensì a “vecchie zavorre”. «Il peso degli incentivi dati alla produzione di elettricità da rinnovabili sta scendendo: siamo arrivati a poco più di 11 miliardi di euro nel 2020, erano 14 fino a qualche anno fa – conferma il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani – Sono sempre lì, invece, i costi impropri caricati in bolletta: dai costi per lo smantellamento delle ex centrali nucleari agli incentivi alle industrie energivore, passando per i sussidi alle fonti fossili».

Dipendenti da Mosca

Proviamo dunque a mettere ordine alle cose, partendo dai numeri. Se il costo delle bollette sta aumentando, in Italia e in molti altri Paesi europei, è perché sta aumentando il costo per l’approvvigionamento delle materie prime, a partire dal gas fossile. Sul nostro Paese, che produce ancora elettricità per il 45% dal gas – di cui è il secondo importatore in Europa – questo effetto a catena non può che portare a conseguenze negative. Ma non solo. Il principale fornitore di gas dell’Italia è la Russia, e questo sta rappresentando un problema. A causa dei dissidi con Bruxelles sul raddoppio del suo gasdotto “North Stream”, Mosca sta centellinando le forniture al Vecchio continente. Il risultato è che i prezzi europei del gas sono cresciuti di oltre il 30% nel secondo trimestre del 2021 rispetto al primo, con essi sono lievitati anche i costi per i consumatori nell’Eurozona, aumentati nel luglio scorso del 2,2%, il tasso più alto dall’ottobre del 2018. A questa causa se ne aggiungono poi altre: le condizioni di domanda e offerta che variano da Paese a Paese, i costi di rete, quelli di protezione ambientale, i livelli di accise e tassazione, le condizioni meteorologiche avverse. Con una primavera particolarmente fredda e un’estate molto calda, abbiamo infatti tenuto accesi nelle abitazioni e negli uffici per più tempo prima il riscaldamento domestico e poi, da giugno, i condizionatori e gli impianti di raffreddamento.

Rinnovabili per risparmiare

In questa discussione c’è anche chi ha provato a tirare in mezzo l’Ets (Emission trading system), ovvero il sistema europeo per lo scambio delle quote di emissioni di anidride carbonica. Sul punto ha fatto chiarezza il vicepresidente della Commissione europea e responsabile del Green deal Ue, Frans Timmermans, che nel suo intervento il 14 settembre alla plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo ha ricordato che solo il 20% dell’aumento del costo dell’energia può essere attribuito ai prezzi della CO2. “Se avessimo fatto il Green deal cinque anni fa saremmo meno dipendenti dalle fonti fossili e dal gas naturale – ha sottolineato – Non dobbiamo essere paralizzati dall’aumento dei prezzi dell’energia e rallentare la transizione, ma anzi dobbiamo accelerare per far sì che l’energia da fonti rinnovabili sia disponibile per tutti”.

Il rincaro delle bollette, come detto, non sta riguardando solo l’Italia. Lo stesso discorso vale per la Spagna, dove il governo ha annunciato una riduzione dell’imposta sull’elettricità dal 5,1 allo 0,5%, per la Germania e per la Francia, Paese in cui però la maggior parte dei consumatori ha una tariffa fissa, regolata annualmente, proposta dalla compagnia Edf, di proprietà dello Stato per più dell’80%.

Sostegno alle famiglie

Di fronte ai piani ambiziosi di decarbonizzazione varati dall’Ue, che prevedono il taglio delle emissioni del 55% entro il 2030, alcuni governi stanno iniziando a scricchiolare temendo impatti negativi sul fronte elettorale. Parigi, ad esempio, sta premendo per allentare la morsa attorno al mercato del carbone, e c’è da stare certi che non sarà l’unica capitale europea a muoversi in questa direzione. Su questa dinamica che si sta venendo a creare, è stato sempre Timmermans a centrare il punto, spiegando che soprattutto in questa fase l’Ue non può permettersi di avere “il lato sociale” della questione “opposto a quello climatico”. E proprio per evitare questo conflitto ha ottenuto che nel pacchetto “Fit for 55” rientrasse l’istituzione di un fondo ad hoc, il Social climate fund, creato per sostenere i cittadini più deboli in modo che non vengano lasciati indietro nel percorso che si sta apprestando a compiere l’Europa. Per vederlo messo in piedi bisognerà attendere il 2025. Nel frattempo, ha puntualizzato il vicepresidente della Commissione europea, “gli Stati membri potranno fare loro scelte: potranno ridurre l’Iva, le accise sull’energia e dare diretto sostegno alle famiglie”.

L’Italia qualcosa in mente ce l’ha. Su richiamo di Bruxelles, affinché elimini gli oneri accessori dalle bollette, il governo Draghi a luglio ha stanziato 1, 2 miliardi di euro sfruttando la vendita degli Ets per evitare che i prevedibili rialzi dei costi dell’energia ricadessero in toto sui consumatori. Cingolani ha invece annunciato la riformulazione del metodo di calcolo delle bollette. Ma si può e si deve fare di più. «In fase di definizione della legge di bilancio si potrebbe ripulire subito la bolletta energetica dagli oneri impropri – propone Ciafani – L’altra cosa da fare è rendere più semplice la realizzazione degli impianti che producono elettricità dalle fonti pulite, a partire dal sole e dal vento. La velocità di installazione dovrebbe decuplicarsi». Se non cambia passo, l’Italia continuerà a subire le dinamiche speculative internazionali sui prezzi del gas, quando invece dovrebbe puntare senza più esitazioni sulle rinnovabili. «Sta a chi ha a cuore la salute del pianeta e di chi respira i veleni prodotti dalla combustione delle fossili ripristinare la verità, aiutando concretamente la costruzione del modello energetico fossil free sul territorio – conclude Ciafani – Altrimenti non ne verremo mai a capo». In modo sostenibile.

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Rocco Bellantone