Sette le regioni coinvolte per individuare un’area di 150 ettari. È finalmente pubblica la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), insieme al progetto e i documenti per realizzare il deposito (110 ettari) e il Parco tecnologico (40 ettari). Legambiente: “Ora un percorso partecipato”

 

 

Volge finalmente alla conclusione l’iter preparatorio che porterà alla realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e del Parco Tecnologico, attesi da anni per garantire una sistemazione definitiva ai rifiuti radioattivi di bassa e media attività presenti sul territorio italiano. È infatti di poche ore fa la notizia del nulla osta del ministero dello Sviluppo Economico e del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare a seguito del quale la Sogin ha pubblicato sul sito www.depositonazionale.it la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), il progetto preliminare e tutti i documenti correlati alla realizzazione del deposito.

Questo passaggio era atteso da ben sei anni. Attualmente in Italia, a causa della mancata individuazione di un’area in cui costruire un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, questa tipologia di scarti viene stoccata in una ventina di siti provvisori che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo. Ciò ha provocato l’avvio di una procedura di infrazione europea a carico del nostro Paese.

Le 67 aree considerate potenzialmente idonee

Le aree interessate dalla Cnapi sono state individuate in sette regioni: Piemonte, Sardegna, Toscana, Lazio, Basilicata, Puglia e Sicilia. il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto da Sogin in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti dall’Isin, che ha permesso di scartare le aree che non soddisfacevano determinati requisiti di sicurezza per la tutela dell’uomo e dell’ambiente. Ai criteri di esclusione sono seguiti quelli di approfondimento, attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse.

Nel documento viene riportato l’elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei a ospitare il deposito. Questo passaggio consente adesso di avviare la fase di consultazione dei documenti che durerà due mesi. Al termine della consultazione, nell’arco dei quattro mesi successivi, si terrà un seminario nazionale con l’inizio di un dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca. È in questa fase che saranno approfonditi tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. In base alle osservazioni raccolte nel seminario nazionale, Sogin aggiornerà la Cnapi che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del ministero dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo Isin, del ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In base a questi pareri, il ministero dello Sviluppo Economico convaliderà la versione definitiva della Carta, ovvero la Cnai, la Carta Nazionale delle Aree Idonee. Una volta ultimata questa procedura, potranno pervenire le candidature dei comuni.

Toscana: l’area compresa tra Pienza e Trequanda, in provincia di Siena, e il comune di Campagnatico nel grossetano.

Basilicata: Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Matera, Bernalda, Montalbano Ionico e Montescaglioso, tra le province di Potenza e Matera.

Piemonte: 8 aree tra le province di Torino e Alessandria, nello specifico in aree che attraversano i comuni di Carmagnola, Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Novi Ligure, Torino, Caluso, Mazzè, Rondissone, Castelnuovo Bormida e Sezzadio.

Sicilia: 4 aree nelle province di Trapani, Palermo e Caltanissetta. Cinque i comuni interessati: Trapani, Calatafini-Segesta, Castellana Sicula, Petralia Sottana, Butera.

Puglia: area di Gravina in Puglia in provincia di Bari. Indicati anche i comuni di Altamura (in provincia di Bari) e Laterza (in provincia di Taranto).

Lazio: 22 i siti individuati in Lazio, tutti nel Viterbese. Le aree individuate sono comprese nei territori di Ischia di Castro, Canino, Cellere, Montalto di Castro, Tessennano, Tuscania, Arlena di Castro, Piansano, Tarquinia, Soriano nel Cimino, Vasanello, Vignanello, Gallese, Corchiano.

Sardegna: 14 le aree individuate nei territori di 21 comuni. Cinque dei centri interessati si trovano nell’Oristanese: Albagiara, Assolo, Mogorella, Usellus e Siapiccia. Altri sedici paesi sono nel Sud Sardegna: Nuragus, Genuri, Setzu, Nurri, Turri, Pauli Arbarei, Tuili, Ussaramanna, Las Plassas, Villamar, Gergei, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Guasila, Ortacesus.

Le caratteristiche del Deposito nazionale

Il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al Parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska: all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato (celle) verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati. Qui in totale verranno depositati circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività: si tratta dei rifiuti provenienti dal mondo civile e in special modo da quello medico e ospedaliero, dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali, ad esempio, da tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano.

Legambiente: “Ora il momento della condivisione e partecipazione”

“Lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. La partita è aperta da tempo, non è semplice ma è urgente trovare una soluzione visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia. Per questo dal 2015 abbiamo più volte denunciato il ritardo da parte dei ministeri competenti nella pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Ora è necessario che si attivi un vero percorso partecipato, che è mancato finora, per individuare l’area in cui realizzare un unico deposito nazionale, che ospiti esclusivamente le nostre scorie di bassa e media intensità, che continuiamo a produrre, mentre i rifiuti ad alta attività, lascito delle nostre centrali ormai spente grazie al referendum che vincemmo nel 1987, devono essere collocate in un deposito europeo, deciso a livello dell’Unione, su cui è urgente trovare un accordo”. È questo il commento di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, sulla Carta nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (Cnapi), pubblicata oggi dalla Sogin, che individua 67 aree le cui caratteristiche soddisfano i criteri previsti nella Guida Tecnica n. 29 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) del 2014 e i requisiti indicati nelle linee-guida dell’International Atomic Energy Agency (Iaea).

Già nel 1999 con il dossier ‘L’eredità radioattiva’ Legambiente evidenziò come la stagione del nucleare italiano non fosse finita, alla luce della pesante eredità delle scorie nucleari collocate in depositi temporanei situati in aree assolutamente inidonee e delle operazioni di smantellamento e bonifica delle vecchie centrali ancora da completare. Per questo nel passato l’associazione ambientalista ha più volte ricordato come il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione di tutti i materiali radioattivi presenti in quelle aree. Il Deposito nazionale (che secondo il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dovrà essere realizzato entro il 2025) sarà inoltre funzionale allo smantellamento e alla bonifica delle vecchie centrali nucleari ancora presenti sul territorio nazionale e per gestire i rifiuti prodotti annualmente negli ospedali, dall’industria e dai centri di ricerca.

“Tutti ricordiamo quello che successe nel 2003 quando l’allora commissario della Sogin e il governo Berlusconi scelsero, con un colpo di mano e senza fare indagini puntuali, il sito di Scanzano Jonico in Basilicata che, dopo le sollevazioni popolari a cui partecipammo anche noi, fu ritirato – conclude Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente -. Si tratta di un’esperienza davvero terribile da non ripetere. La pubblicazione della Cnapi è solo il primo passo. Siamo infatti convinti che i troppi ritardi e la poca chiarezza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato. Formalmente da oggi ci sono 60 giorni per produrre delle osservazioni da parte del pubblico al lavoro fatto, ma non ci si può limitare a questo. Ribadiamo con fermezza l’urgenza di avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso col territorio che coinvolga i cittadini, le associazioni, le amministrazioni locali e la comunità scientifica, a partire dalle informazioni contenute nella Cnapi”.

Leggi la nostra inchiesta di due anni fa “Scorie slow”

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